Sobre Fabrizio (5)

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"È molto più difficile essere capiti facendo del bene che del male".

"Es mucho más difícil ser entendido haciendo el bien que el mal".

Fabrizio de André (Sobre la Humanidad)

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“Lo dico in un verso: quello che non ho è quello che non mi manca (Quello che non ho). In effetti probabilmente ho troppe cose per essere quello che avrei voluto essere”.

"Lo digo en un verso: Lo que no tengo es lo que no echo de menos (Quello che non ho). Probablemente tengo demasiadas cosas para ser lo que quería ser".

Fabrizio de André (Sobre Canciones)

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"Fermò la nostalgia, la mise al muro e se la infilò per sempre nel cuore come una maniera di vivere".

"Detuvo la nostalgia, la acorraló contra la pared y se la metió para siempre en el corazón como una manera de vivir".
Roberto Vecchioni

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"'La citta vecchia' è una canzone che risale al 1962, dove dimostro di aver sempre avuto, sia da giovane che da anziano, pochissime idee ma in compenso fisse. Nel senso che in questa canzone già esprimo quello che ho sempre pensato, che ci sia ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell'errore, anche perché non ho ancora capito bene, malgrado i miei 58 anni, che cosa sia esattamente la virtù e cosa esattamente sia l'errore, perché basta spostarci di latitudine e vediamo come i valori diventano disvalori e viceversa. Non parliamo poi dello spostarci nel tempo: c'erno morali nel medioevo e nel rinnascimento che oggi non sono più assolutamente riconosciute.
Oggi noi ci lamentiamo, vedo che c'è un gran tormento sulla perdita di valori. Bisogna aspettare di storicizzarli. Io penso che non è che i giovani di oggi non abbian valori. Hanno sicuramente dei valori che non siamo riusciti a capir bene. Perché siamo troppo affezionati ai nostri. Tutto questo per dire io non ho nessuna verità assoluta in cui credere, che non ho nessuna certezza in tasca e quindi non la posso neanche regalare a nessuno. Va già molto bene se riesco a regalarvi qualche emozione.

"'La citta vecchia' es una canción que data de 1962, donde muestro que siempre tuve, tanto de joven como de mayor, muy pocas ideas, pero por otro lado, fijas. En el sentido de que en esta canción ya expreso lo que siempre he pensado, que hay muy poco mérito en la virtud y muy poca culpa en el error, aunque todavía no he entendido bien, a pesar de mis 58 años, qué es exactamente la virtud y qué es exactamente el error, porque es suficiente moverse de latitud y ver cómo los valores se vuelven negativos y viceversa. Y no hablemos de movernos en el tiempo: había una moral en la Edad Media y en el Renacimiento que hoy ya no es reconocible en absoluto.
Hoy nos lamentamos, veo que hay un gran tormento sobre la pérdida de valores. Debemos esperar para historizarlos, para tener una perspectiva temporal. Creo que no es que los jóvenes de hoy no tengan valores. Ciertamente tienen valores que no hemos podido comprender bien. Porque estamos muy apegados a lo nuestro. Todo esto para decir que no tengo una verdad absoluta en la que creer y, por lo tanto, no puedo dársela a nadie. Ya es muy bueno si puedo ofreceros alguna emoción".

Fabrizio de André. (Sobre la Humanidad / Sobre Canciones)

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"Il mio identikit politico è quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine orrendo.. In realtà vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacità."

"Mi identidad política es la de un libertario, tolerante. Luego "anarquista" lo han hecho devenir en un término horrible ... En realidad, solo significa que uno piensa que es lo suficientemente civil como para poder gobernarse a sí mismo, dándole a los demás, con confianza, las mismas habilidades".

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Una delle grandi qualità di Fabrizio è che non è mai stato moralista, non ha mai apprezzato il perbenismo e ha sempre cercato di capire le debolezze umane. Dopo l'esperienza del sequestro ha avuto un atteggiamento di grande comprensione nei confronti di chi ci aveva privati della nostra libertà per ottenere un riscatto. In qualche modo era convinto che se una persona si riduce a comportarsi in una certa maniera, un motivo d'esserci e, a vedere bene, non sempre è dettato dalla volontà, dalla cattiveria, da cromosomi malati, ma dalla necessità. Questa era la grande forza di Fabrizio: la pietas umana, che era per lui un elemento essenziale per conoscere il prossimo, e che è sempre stata al centro della sua poetica. Fabrizio è anche stato sempre molto coerente, non ha mai detto una cosa in cui non credesse veramente.
Dori Ghezzi.

Una de las grandes cualidades de Fabrizio es que nunca fue moralista, nunca apreció las apariencias y siempre trató de entender las debilidades humanas. Después de la experiencia del secuestro, tuvo una actitud de gran comprensión hacia aquellos que nos habían privado de nuestra libertad para conseguir un rescate. De alguna manera estaba convencido de que si una persona se ve obligada a comportarse de cierta manera, el motivo para hacerlo, entendiéndolo bien, no siempre es dictado por la voluntad, por la maldad, por los cromosomas enfermos, sino por la necesidad. Esta fue la gran fuerza de Fabrizio: la piedad humana, que fue un elemento esencial para él para conocer a su vecino, y que siempre ha estado en el centro de su poética. Fabrizio siempre fue muy coherente, nunca dijo algo en lo que realmente no creía.
Dori Ghezzi (Esposa de Fabrizio).

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Don Andrea Gallo:

“ … oltre ai quattro testi "canonici", ho da sempre un quinto evangelo, quello secondo De André. È la mia Buona Novella laica ... è l'eco delle parole dell'uomo di Nazareth che, ne sono certo, affascinò il mio amico Fabrizio … la strada mi ha confermato quel che Fabrizio aveva intuito: "Dai diamanti non nasce niente, dal letame sbocciano i fior" ... Sono un "pescatore di uomini" che "versa il vino e spezza il pane per chi dice ho sete e ho fame"… quel "mond o degli ultimi" - degli emarginati, degli esclusi, dei tossici, delle prostitute - in cui Faber trovò la sua ispirazione … Dori Ghezzi ha sempre affermato: "Fabrizio è di tutti". È verissimo ... Dagli anni Sessanta a oggi mi sono sentito "evangelicamente coinvolto" dalla creazione artistica del grande cantautore genovese … Fabrizio, ancora giovane liceale, mi folgorò con un suo componimento scolastico dal quale già traspariva l'insofferenza nei confronti del potere e l'intolleranza verso le istituzioni ingiuste. Aveva solo diciassette anni, ma le sue parole erano già colme di forza e di compassione. La nostra amicizia fiorì passeggiando per le vie del ghetto di Genova, calpestando il selciato di quella via del Campo dove ancora oggi mi pare che a un tratto debbano sbucare i personaggi delle sue canzoni ... L'apice di questo fascino è rappresentato emblematicamente dai due protagonisti della celeberrima Il Pescatore. L'assassino e il pescatore incarnano la vita come "cammino" e "incontro", prescindendo da qualsiasi pregiudizio sull'altro. L'intesa sfuggente tra i due è un lampo di luce tra due oscurità ... In De André è palese e netta una voce che parte dal profondo per gridare giustizia … Sono sempre stato attratto dal desiderio di riscatto della condizione umana emarginata. È il fulcro del cristianesimo ... È messaggio evangelico, è Buona Novella. Cantando con Faber si diventa consapevoli di partecipare a un rito importante … C'è la condizione del privilegio della poesia musicale nel momento in cui diventa coscienza civile, comprensione umana, preghiera, guerra all'ipocrisia, amore per i derelitti e gli ultimi … I suoi personaggi appaiono ricchi di una fragilità che ce li rende cari, proprio come le figure del Vangelo di Gesù, capaci di coinvolgerci fino a seguirle fra i vicoli della città vecchia e nelle periferie. Quanti Michè, Marinella, Bocca di Rosa mi tornano in mente … Nella realtà in cui siamo immersi - complessa e triste, impaurita e militarizzata, con una politica allo sbando - sarà la poesia a salvarci...”

"Además de los cuatro textos 'canónicos', siempre tengo un quinto evangelio, el 'Evangelio según De André'. Es mi nueva Buena Novela ... es el eco de las palabras del hombre de Nazaret que, estoy seguro, fascinaron a mi amigo Fabrizio... el camino me confirmó lo que Fabrizio había adivinado: 'De los diamantes no nace nada, desde el estiércol florecen las flores'... 'Soy un pescador de hombres que vierte el vino y rompe el pan para quien dice tengo sed y tengo hambre' ... Es en ese 'mundo de los últimos' - de los marginados, de los excluidos, de los drogadictos, prostitutas - donde Faber encontró su inspiración... Dori Ghezzi siempre dijo: 'Fabrizio es de todos'. Es cierto... desde los años sesenta hasta hoy me he sentido 'evangelicamente implicado' desde la creación artística del Gran Compositor genovés... Fabrizio, todavía siendo yo un joven estudiante de escuela secundaria, me sorprendió con su composición escolar, desde la cual ya se veía la intolerancia hacia el poder y la intolerancia hacia las instituciones injustas. Sólo tenía yo diecisiete años, pero sus palabras estaban llenas de fuerza y compasión. Nuestra amistad floreció paseando por las calles del gueto de Génova, pisando el pavimento de esa 'Via del Campo' donde todavía hoy me parece que de repente pueden aparecer los personajes de sus canciones... El punto culminante de este encanto es representado por los dos protagonistas de la famosa 'Il Pescatore'. El asesino y el pescador encarnan la vida como 'camino' y 'encuentro', independientemente de cualquier prejuicio sobre el otro. El entendimiento entre los dos es un destello de luz entre dos tinieblas... En De André es evidente y clara una voz que parte desde el fondo para gritar justicia... Siempre me ha atraído el deseo de rescate de la condición humana marginada. Es el núcleo del cristianismo... es un mensaje evangélico, es una 'Buena Nueva'. Cantando con Faber uno se hace consciente de participar en un rito importante... existe la condición del privilegio de la poesía musical en el momento en que se convierte en conciencia civil, comprensión humana, oración, guerra contra la hipocresía, amor por los desamparados y los últimos... Sus personajes parecen ricos en una fragilidad que nos hace que sean seres queridos, al igual que las figuras del Evangelio de Jesús, capaces de involucrarnos hasta seguirlas entre los callejones del casco antiguo y los suburbios. Cuántos Michè, Marinella, Bocca di Rosa me vienen a la mente... En la realidad en que estamos inmersos - compleja y triste, temerosa y militarizada, con una política a la deriva - será la poesía un salvavidas..."

(Diario de Don Andrea Gallo)

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All'epoca, doveva essere il '64, Fabrizio non era praticamente nessuno. Era un magro, biondo ragazzo di Genova, che scriveva canzoni e che le ragazze trovavano bellissimo. Con strane virtù: per esempio un cervello a due canali, che gli consentiva, per esempio, di leggere Neruda parlando contemporaneamente d'altro. Un'anomalia singolare anche per lui, che ha passato la vita a raccontare le anomalie di questo mondo. Guardate le sue canzoni. Già allora parlavano di inutili eroi e antieroi dannati, di anomalie appunto della società e dell'etica, descritte però come se l'unica vera anomalia fossero in realtà le cosiddette persone normali, o perbene. Nel '64 lavorava in una scuola di Genova, e lì lo conobbi: ingabbiato - o protetto - da un ufficio grande come una casa delle bambole. Aveva appena scritto "La canzone di Marinella", e me la spiegò: "Parla d'una ragazza di vita, annegata da un delinquente". Poi me la lesse: mi aspettavo una pagina di cronaca nera e trovai una favola, partita tra i fiordalisi e finita tra le stelle. Dissi: "Credo che lei sia un genio. Ma di dischi ne venderà pochi". Azzeccai solo la prima parte della frase, lui rispose: "Lo so", e alludeva alla seconda. Così era Fabrizio da giovane. Non dissimile da quello che ci ha accompagnati poi fino all'11 gennaio 1999, e tuttora. D'essere un genio ha continuato a non crederlo, né ha mai smesso di parlare di noi con la verità della cronaca, anche nera, e la poesia delle favole, magari di quelle gotiche. Di sollevare la vernice delle cose per smascherare il bello e il brutto, la rabbia e l'utopia, la viltà e la nobiltà che sono nelle cose, cioè nella vita.

Cesare Romana
27 marzo 2002

En ese momento, debía ser el 64, Fabrizio no era prácticamente nadie. Era un flaco, rubio chico de Génova, que escribía canciones y que las chicas lo encontraban bellísimo. Con extrañas virtudes: por ejemplo, un cerebro a dos canales que le permitía, por ejemplo, leer a Neruda mientras hablaba al mismo tiempo con una persona. Una extraña anomalía incluso para él, que ha pasado su vida contando las anomalías de este mundo. Mira sus canciones. Ya entonces hablaban de héroes inútiles y antihéroes condenados, de anomalías precisamente de la sociedad y de la ética, pero que se describen como si la única anomalía real fueran las llamadas personas 'normales' o 'decentes'. En el 64 trabajaba en una escuela de Génova y allí lo conocí: enjaulado o protegido en una oficina grande como una casa de muñecas. Había escrito "La canzone di Marinella", y me la explicó: "Habla de una chica de la vida, ahogada por un delincuente". Luego me la leyó: esperaba una página de noticias negras y encontré un cuento de hadas, con partida entre flores de lis y llegada entre las estrellas. Dije: "Creo que eres un genio. Pero discos se venderán pocos". Sólo acerté la primera parte de la frase, él respondió: "Lo sé", y se refería a la segunda. Así era Fabrizio cuando era joven. No difiere del que nos ha acompañado hasta el 11 de enero de 1999. Nunca se ha creído genio alguno y no ha dejado de hablar de nosotros con la verdad de la crónica, incluso negra, y la poesía de los cuentos de hadas, tal vez de las góticas. Para levantar la pintura de las cosas para descubrir lo bello y feo, la ira y la utopía, la cobardía y la nobleza que están en las cosas, es decir en la vida.

Cesare Romana
27 marzo 2002
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